lunedì 9 marzo 2009

Tales of false Ulysses


It's a long way to the top if you wanna rock'n'roll


Questo blog è nato ormai da oltre due anni.
All'inizio solo doveva essere uno strumento per raccontare di me e delle mie avventure oltre oceano, un mezzo che mi avrebbe semplificato le cose scrivendo direttamente per tutti coloro che mi chiedevano notizie, evitando cosi di rispondere a dozzine e dozzine di lettere che alla fin fine si somigliavano tutte, se non nella forma sicuramente nel contenuto.....come va, dove sei, come ti trovi, quando torni, bella vita, resta li, il tempo passa, i passatempi, ho comprato questo, ho fatto quest'altro eccetera eccetera eccetera.
E cosi è stato, soprattuto nel primo periodo, in quei primi cinque sei mesi di cui ho necessitato per staccarmi di dosso tutti quei pezzi che pure a 20000 km da casa ancora a questa mi tenevano legato, per smetterla di guardarmi dietro ed iniziare finalmente a guardare avanti, nel breve, libero di affrontare le cose, la vita in primis , con uno spirito altro.
Uno spirito nuovo , forte, cosciente.
Anche nel dubbio e nelle perplessità, gli innumerevoli pensieri e domande su quel che mi si poneva davanti, visto ora con occhi nuovi , su quello che ascoltavo cosi da lontano grazie ora a nuovi orecchi, su quello che andavo maturando forse illudendomi di capire, grazie ora a nuovi stati di coscienza.
Forse un arrivo.
Forse un ritorno.
Non so.
Tante cose sono cambiate da quei primi scritti, via via sempre più radi, meno frequenti, ma più profondi, più personali, più votati al raccontare di sensazioni interiori che non ad elencare ed a riportare cronache di vita, per quanto fonte di curiosità che imprevedibile ed eccitante è la vita in viaggio.
E mano a mano che la frequenza del mio scrivere andava diminuendo, aumentava in maniera esponenziale la voglia di comunicare singole e singolari sensazioni, nella maniera più semplice e naturale che mi fosse possibile raccontare, cercando di essere il meno banale possibile per quanto arrogante e futile sia stato alle volte il tentativo di provare a tramutare delle emozioni in parole.
Le possibilità di scrivere a caldo erano praticamente nulle e quando mi ritrovavo fronte monitor, ho dovuto troppo spesso forzare me stesso, snaturandomi, in controtendenza a questa crescente voglià di semplicità , senza veli, che andavo invece maturando.
Paradossalmente questa voglia di semplicità è andata rendendo sempre più difficile la stesura dei racconti che andavano susseguendosi.
La semplicità è silenzio.
Ma oggi, una volta di più, ho deciso di complicarmi le cose.
In un certo senso questo blog, da indifferente mezzo di comunicazione che era all'inizio, è diventato per me sempre più importante, quasi viscerale , a tal punto da rappresentare ad oggi l'unica porta che ancora mi tiene legato a quello che sono stato ed ho vissuto fino a poco tempo fa; a voler raccontare di me oggi, è come chiudere questa porta.
Definitivamente.
Ed è proprio per siffatta motivazione che questo post è il più difficile che mi sia capitato di scrivere.
L'ultimo.
Forse per sempre.
Forse no.
Chissà.
Ma di sicuro per un lungo lungo periodo di tempo.
Il falso Ulisse è tornato a casa, a Itaca, dopo un lungo viaggio, la sua personale Odissea.
Non ha trovato Penelope ne Telemaco, ne il cane Argo o il porcaio Eumeo.
In compenso ha ritrovato i proci, molti di più rispetto ad allora, e con loro si è abbandonato all'euforia ed all'ebbrezza,in una sorta di bailamme generale che lo ha confuso e fuorviato dalla ritrovata realtà, che è andata però rivelandosi un po' alla volta, mano a mano che i giorni passavano e che l'iniziale entusiasmo andava esaurendosi, fino a ritrovarsi annoiato e stanco , senza più sorriso, smarrito, perduto.
Li per li è stata dura, durissima, impossibile da sopportare.
Eppure il tempo tiranno in questo mi ha aiutato, una volta di più, ed anche il penoso vivere di questi giorni è diventato via via sempre meno pesante, più facile da sopportare, da accettare, che possa essere fonte di stimoli e nuove motivazioni.
Tornare a casa è stata una mia scelta, meditata a lungo e continuo a credere che sia stata la cosa più giusta da fare, per quanto possa apparire come un Harakiri in pompa magna.
Fa parte di un'idea , se me lo permettete, di un progetto a lungo termine.
Sono stato bene, bene come non mai, libero, selvaggio, felice.
Pensieroso o pieno di paturnie quando avrei potuto viverla meglio potrebbe invece rimproverarmi qualcuno, ma non importa, lascio cha facciano.
A me certi discorsi fanno l'effetto dell'acqua sulle piume dell'oca.
Ho continuato, come è nella mia indole e nel mio carattere a pormi domande, a non schivare gli ostacoli ma a studiarli per capire come aggirarli, come affrontarli con il minor dispendio di energie possibili.
Ed è proprio grazie a questa meticolosità che alla fin fine sono riuscito a fare quello che ho fatto.
Cercando sempre di spianarmi la strada e senza mai piangermi addosso.
Proprio come sto facendo adesso e come ho fatto da che son tornato.
Fra alti e bassi, certo, lo riconosco.
MA se è vero che si vive una volta sola, e resto dell'idea che si viva meglio di rimorsi che non di rimpianti, è giusto valutare bene il passo da farsi.
E se è vero che ho sempre criticato questa società e l'immorale e indecente pochezza di cui si costituisce, credo ora che sia giusto entrarci a pieno ritmo, coglierne tutti gli aspetti, viverla appieno, e riuscire un domani a ritrovarsi cosciente sulla scelta da farsi: o dentro o fuori.
Non credo nel compromesso, non ci ho mai creduto, non per quello che sono io adesso o per il me attuale proiettato a qualche anno da qui.
Ma se c'è un insegnamento, uno su tutti, che ho tratto da questa esperienza da cui sono reduce, è che se non si riesce a programmare un viaggio di qualche mese, come si può pensare di programmare una vita intera?
Una ci prova certo, se lo immagina, lo pianifica a grandi linee, ma fin da subito è il viaggio che si pianifica da solo, che si svolge da solo, in dipendenza dagli eventi che lo caratterizzano e che ne sono l'essenza stessa.
Proprio come le decisioni che si prendono, in base a quelle circostanze e situazioni che si sono generate chissà come.
Imprevedibili.
Improgrammabili.
E credo che sia cosi anche per la vita, anzi ne sono certo, dopo tutto sempre di un viaggio si tratta, il viaggio più grande, il viaggio in senso assoluto.
E cosi rieccomi qui, in quello che potrebbe paragonarsi ad un fiume in piena che d'improvviso ti travolge, sommerge e manda in apnea , ti toglie il fiato e rischia di soffocarti fin quasi all'annegamento, ma se si riesce a restare lucidi e a non farsi prendere dal panico, una volta capito in che direzione butta la corrente, la si asseconda ed a grandi bracciate, seguendone il flusso, se ne viene fuori.
Ed è quello che ho intenzione di fare ed anche se non so come ne verrò fuori, so di certo che non annegherò.
Mi appresto a quello che si preannuncia, ma che in realtà lo è di gia, come un altro lungo e a se stante viaggio.
Differente certo, ma lo sarebbe comunque, come lo sono l'uno dall'altro.
Inutile quindi aggiungere altro, chiudo una porta e ne apro un'altra, a cosa porti non lo so e in tutta sincerità non voglio neanche saperlo, che altrimenti vano sarebbe stato il rimettersi in gioco, a quel punto vano sarebbe il provare a ripartire da zero; a quel punto vano sarebbe stato il tornare.
Di nuovo in marcia, passo dopo passo, sguardo avanti ed un grande tesoro dentro.
Continuo e continuo a camminare, in una dimensione che sicuramente piace meno, ma grazie alla quale capirò, spero, molte cose.
Una volta di più, tempo al tempo.
Vedremo.
E cosi siamo al capolinea, ora che il falso Ulisse è tornato a casa, credo che le nostre strade si dividano qui.
Del viaggio che mi appresto ad affrontare c'è davvero poco che possa interessarvi e che possa interessare me a raccontare, lo vivrò solo a pelle questa volta , con le persone che mi staranno attorno e con le quali spero riuscirò a ritrovarmi più sereno e semplice che mai, vana speranza forse ma, come dice il detto, per lo meno, almeno quella, non muore mai.
Io, resto me stesso, di istinto e di indole, ma cambia lo scenario e quindi tutto, e raccontarlo non ne vale la pena, non dopo quello da cui sono appena rientrato.
Ma proprio come allora ed anzi, arricchito da questa straordinaria esperienza che serbo negli antri più profondi dell'animo e del cuore,sappiate che continuo a camminare, ,affrettando talvolta il passo in quest epoca che non mi piace ma cui appartengo, e continuo a farlo a modo mio, continuando a gran voce ad incitare il compagno Jury fintantochè prende la mira, sostenendo impettito la legge dell'occhio per occhio dente per dente come quella più giusta(mica per niente mi son laureato in legge), facendo esplodere il volume, headbenging e AC/DC a palla mentre premo sull'acceleratore e sognando di poter vedere un giorno Pietro Rigosi redivivo, giovane e bello come tutti gli eroi, mentre fa correr via la macchina a vapore lanciato a bomba contro l'ingiustizia.
Grazie quindi, a tutti coloro che mi hanno accompagnato in questo pezzo di strada, che mi hanno tenuto compagnia e con cui ho passato davvero momenti speciali, cosi lontano ma cosi vicino.
Di cuore.
Spero tanto di poter incrociare i nostri cammini, almeno una volta , fosse anche per cogliere almeno i tratti, la voce, lo sguardo.
E nell'attesa di quel momento, voglia il fato concedermi questa opportunità, mi appresto a prendere congedo, augurandovi un buon cavallo ed una grande prateria davanti, augurio di origine mongola, fra tutti gli auguri quello che mi piace di più, quello che più riesco ad associare all'idea di LIBERTA'.
Addio o arrivederci, ve l'ho già detto , del resto chissà, dovessi non ritrovarmi felice da qui a qualche anno vi giungerà nuovamente notizia del falso Ulisse.
DA molti mesi vado pensando e maturando l'idea di un altro viaggio sulla scia del precedente, da far schiattare d'invidia perfino Marco Polo ed al cospetto del quale, quello appena concluso, pare solo come una scampagnata di fine settimana.
Tutto è più o meno a grandi linee, ma questi, che ve lo dico a fare, sono solo dettagli.
A fare lo zaino con tutto l'occorrente ormai ci metto meno di 20 minuti; tutto il resto dipende da una decisione.
E per quella serve molto molto meno.
Forse non lo sembra affatto, ma è davvero la cosa che continuo a considerare come la più naturale del mondo; non capisco il viver nell'affanno, non capisco il raccontarsela giusto per raccontarsela.
Se uno non ce la fa più, se uno ne ha abbastanza, se uno ha voglia di provare stimoli e nuove sensazioni, se uno ha voglia di mettersi alla prova o semplicemente sete di conoscenza, se uno ha capito o è più giusto dire che non lo capirà mai, c'è sempre una possibilità; tanto in questo come in tutti gli ambiti non deve far altro che una dichiarazione.
Ed è davvero semplice, ora proprio come allora.
Uno si dichiara indipendente.
E se ne va.
See ya.



Connessione esaurita.

...

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WOMBAT...CHI SEI?


martedì 13 gennaio 2009

Work in progress



C'è stato un tempo in cui ho vissuto ad ali spiegate, lanciato negli spazi azzurri che sovrastano questa curva superficie.
Ora, privo di supporti alari, cerco di minimizzare l'impatto mentre precipito, in questo ultimo volo, cieco, nella coltre di nebbia del cazzo.
It's hard to come back.

domenica 14 dicembre 2008

Aotearoa





Aotearoa, in maori significa land of the long white cloud, e spesso devo dire che e' vero.

Si stagliano libere fra i piu' blu dei cieli, lunghe, lunghissime, quasi ad essere una sorta di naturale tetto, un riparo alla vista dei' piu', uno scrigno in cui custodire un tesoro, a preservare i paesaggi da fiaba sottostanti che la natura ha creato in questa parte di mondo.

Difficile da descriver quello che ho potuto vedere in questi primi 35 giorni attraverso l'isola del sud, girata in lungo e in largo e, va da se, in diagonale.

Spostandosi con un bus giusto un paio di volte, diverse altre con pollice al cielo e passaggi occasionali, il resto del tempo a piedi.
Soffermandosi ogniqualvolta a riprendere un po' di fiato, ed a restarne invece completamente senza, rapito persino il respiro da quanto mi si poneva in fronte agli occhi.
Alcuni angoli sono forse addirittura troppo belli, tali da sembrare non reali, quasi a spaventare per una sensazione d'isolamento, neanche fosse un altro pianeta.
O un' altra epoca.
Sono arrivato nella citta' che e' chiesa di Dio, Christchurch, giusto il tempo di una passeggiata in centro, rievocare memorie di Hobart e della Tasmania in generale, questo il profumo nell'aria, aria fresca, frizzante, e tanto, tantissimo verde.
Ordinata, pulita, variopinta, e con un cielo stellare.
Ci sarei comunque tornato, cosi l'indomani, in controtendenza sanguigna, mi spostai verso nord.
Ritrovando la nebbia presto al mattino, diradante al crescere del sole ed alle distese, che dalla' citta' divenivano sempre piu' ampie.
Giunsi a Kaikoura, e fu il primo di una serie di shock emozionali.


Il mare, la spiaggia, sassi , ciotoli e conchiglie, acque che solo a guardarle ti mettono freddo, che arrivano direttamente dai ghiacci del polo sud, mitigate solo un po' in una corsa di quasi 5000 km, e fin qui tutto normale, niente di veramente straordinario se non fosse per quella catena di monti che le sorge proprio dirimpetto, cime perennemente innevate che raggiungono l'oltre 2600 metri, incredibilmente cosi a ridosso della costa.
Uno scorcio di paradiso non solo ambientalistico, ma soprattutto faunistico, essendone le acque gremite di foche, pinguini, leoni marini, delfini, squali, aragoste, mante, balene, ed una infinita' di altri pesci, scusate l'incompetenza ittica, e un cielo che abbonda di pennuti tavolta unici, talvolta magnifici.
Mi ritrovai ad osservare degli albatros, immensi nel loro ampio volo, e mi ritrovai, come capitera' spesso, a tornare indietro con la memoria, al primo anno all' universita', quando d'improvviso prendevo congedo dagli amici, che si fosse in piazza, al bar, a casa di qualcuno o a casa mia, fra i sorrisi forse di stupore ma mai di scherno, e correre a vedere ed ascoltare quella che e' stata anche l'ultima trasmissione che ho visto in tv, quell'Alcatraz di Jack Folla/Diego Cugia, che tanto mi ha detto e tanto mi ha dato e col quale ho viaggiato tanto e forse anche di piu', con la fantasia, su quegli spezzoni, lanciati cosi spesso, di Albatros in volo sugli oceani per migliaia e migliaia di chilometri.
Ed ora, che quel viaggiare di fantasia era diventato in parte realta', mi ritrovavo ad osservarne il maestoso volo, con un sorriso e senza malizia, rimproverando alle mie braccia: e voi, perche' non mettete piume?
Con animo gioioso e vagabondo continuai controtendenza fino a Nelson, da dove avrei intrapreso l'Abel Tasman costal walk, un tre giorni/52 km attraverso il sali scendi costiero, sempre docile se non fosse per quello zaino caricato mai a meno di 25 chili, oggetto di imprecazione collettiva da parte di ossa, giunture e muscoli tutti.

Ma si sa, da sempre piace far fatica, e per me e' stato un continuo mandare a fanculo ossa, giunture e muscoli tutti, traevo piacere e godimento dal sentire che tutto, per quanto indolenzito, rispondeva e cresceva in me la voglia di tornare in forma, di farli scalpitare ed urlare di voglia, al pari di quanto facevo io al termine di ogni lunga giornata, pronto a quello che sarebbe stato il giorno seguente.

Ho particolarmente apprezzato il paesaggio ma la gestione dell'area, non so, ho percepito forse troppo la sensazione di presenza umana.
E nella natura, troppa presenza umana non sta mai bene.
In questo mi sento davvero egoista.
Un paio di giorni e incrociai il mio cammino con quello di Mike, quello spirito libero che avevo conosciuto quando vivevo a Fremantle, Perth, e col quale era nata un'amicizia in crescendo, interrotta dall'itinerare continuo di chi viaggia, ci si trova, ci si conosce e infine ci si saluta, funziona cosi, non son certo cose che devo spiegare io.
Qualche giorno assieme, tante camminate, tanti discorsi, scambi di impressioni e tante bevute, a culminare sempre in grasse risate dacche' si finiva sempre a parodiare Clemenza, quando ne Il Padrino, spiega a Michael come fare il sugo alle polpette.
Grandioso e grandi interpretazioni.
Arthur' s Pass, ancora la chiesa di Dio, Franz Josef e Fox Glaciers, Wanaka, lake Matheson e Queenstown, dove al termine di una nottata che ricordero' come una delle piu' freak della mia vita , ci siamo salutati, un arrivederci, forse in europa, di sicuro alle falde del Kilimanjaro, per un' altra camminata, altri discorsi, e chissa', forse altre parodie.
E cosi di nuovo in solitaria, di nuovo in marcia, attraverso il Routebourn track, tre giorni in altura attraverso vallate, cascate, laghi e montagne, finendo a bagnarsi nelle acque che scendon dai ghiacciai, a trovare sollievo e rinfresco, coraggioso ilprimo tuffo, accompagnato da un urlo viscerale che fredda e' l'acqua, giusto una ventina di secondi prima che la pelle inizi a bruciare per la temperatura troppo fredda, ma quanto basta per sentirsi rinascere e sentirsi piu' svegli che mai.

Ossa, giunture e muscoli tutti non parlavano gia' piu'.

E poi via, in strada , verso i Fiordi, Milford sound, perennemente sotto la pioggia ed un cielo grigio, cupo, che pero' ben si sposava con lo scenario d'intorno.Sembrava quasi di essere alla fine del mondo, o per lo meno alla fine di uno di questi, queste lingue d'acqua fra le montagne a strapiombo sul mare, a farsi strada fino ad incontrare la vastita' degli oceani, fra venti forti e impetuosi a batterne le naturali insenature.



E quasi sospinto dal vento, via , verso sud, contro le ostilita' atmosferiche, a complicarmi un po' i piani ed a farmi rinunciare a qualche bel trekking, ripiegando sull'ennesimo autostop lungo la costa meridionale, giungendo fino al punto piu' a sud dell'isola del sud, che piu' lontani da casa davvero non si puo'.
E poi verso Aoraki, il parco nazionale del Mount Cook, cuore delle alpi del sud.


Verso le alpi del sud



Ramponi , picozza e via, la su quei monti, dove la neve e' perenne e dove l'uomo e' idealmente piu' vicino a Dio, quasi in meditazione durante l'ascesa, in concentrazione, piegato talvolta dalla furia dei venti e distratto solamente, ma non di rado dal fragore delle innumerevoli valanghe che si avvicendavano fra le montagne, osservandone di qualcuna il moto, immortalandone di qualcuna l'istante.

Fragorosissima; grossa valanga sul versante sud est del mount Sefton
La vista di lassu' e impressionante, qualcuno ha detto che non sono le vette che conquistiamo, ma noi stessi, e credo davvero che sia la piu' bella delle conquiste.





IN silenzio durante il giorno, al tramonto, all'imbrunire ed all'alba, ad osservare il mutare di forme e colori, arrivando a sentirsi una piccola parte del tutto, per quanto piccola, per quanto irrilevante.

Bluetonio impoverito all'alba sul Sealy range.

E' l'alba sul Sefton, 3151 metri

Ma quanto basta per librare lo spirito piu' in alto di una spanna, prima di inspirare profondamente e ritornare colmi di vita verso valle.
E via, di nuovo in strada, o meglio, su ciglio di questa, rallentando il passo e l'avanzare all'udire il sopraggiungere di un mezzo, pollice in fuori o indice al suolo, sperando che qualcuno mi accorci il tragitto, imprecando di sovente, al vedere macchine semivuote ignorare la mia richiesta e procedere nella loro corsa, ma come biasimarli, dopotutto io, non ho mai dato un passaggio a nessuno.
Si imparano tante cose, non sono le cime che conquistiamo, ma noi stessi.
Qualcuno si ferma,salto su e mi ritrovo a raccontare di me e della mia storia, 1, 2 ,3 10 volte, pensando a quanta strada ho macinato in questi due anni, risparmiandone i dettagli e dicendo quel tanto che basta per leggere o sentire lo stupore di chi volta per volta mi stava ad ascoltare.
E fra l'innumerevole sfilza di domande, mi ritrovavo una volta di piu' a viaggiare nei ricordi, risentendo nella mia mente dopo oltre 20 anni quella canzone che profuma d'infanzia e di innocenza, quella che ti lasciava bambino sognante a bocca aperta e che ora mette malinconia, quella delle scarpine chicco, "devi farne di strada bimbo, se vuoi scoprire come e' fatto il mondo" .
Cosa volete che vi dica, io non sono di certo piu' un bimbo, ma continuo a far strada e cerco di scorire un passo alla volta come vanno le cose attraverso i mondi che cammino.
Del futuro non so, ad oggi il mio coincide col presente, e d'altronde non so neanche dove ' saro' stasera, se qualcuno mi dara' uno strappo per una manciata di chilometri o se me la faro' a piedi fino all'imbrunire, dove mettero' la tenda, come passero' la notte e quel che succedera'.


Non so e non mi interessa dacche' lo scopriro' a breve.
L'unica e la mia piu' grande preoccupazione in questo momento, se volete, e' il tempo, che spero tanto voglia essere clemente e possa domani deliziare i miei occhi una volta di piu', carezzandomi il cuore con un altro albeggio straordinario, che possa irradiare luce nuova sul frutteto della mia grande anima.
Everyday Nirvana.
In pace.




































IL mount Cook all'imbrunire,con i suoi 3754 metri la piu' alta cima dell'Australasia, ispira pace e serenita'.
Eppure in una sola settimana in due vi han trovato la morte, cercando di giungere in vetta.
Non essendo particolarmente alta, deve pero' essere di difficolta' tecnica notevole, dacche' pagan dazio almeno 4 vite l'anno. E d'altronde e' stata "palestra" naturale per Edmund Hillary, il neozelandese piu' forte di tutti i tempi, il primo uomo a posare piede sulla cima del monte Everest, il 29 maggio 1953.


Aspettando per ore che la marea si abbassi prima di procedere





















Mix cristiano-maori